Finanza sostenibile – Primo operatore iscritto al registro della Banca d’Italia, la cooperativa Mecc fa piccoli prestiti alle imprese italiane promuovendo l’economia civile e di comunione.
di Andrea Di Turi
pubblicato su Avvenire il 5/3/2017
A piccoli passi, ma crescono. Sono gli ‘operatori di microcredito’, questo il termine esatto utilizzato nella normativa, iscritti nell’apposito elenco tenuto dalla Banca d’Italia. L’elenco è uno degli strumenti previsti dalla disciplina che per la prima volta ha regolamentato il microcredito in Italia, introdotta con decreto del ministero dell’Economia a fine 2014 e poi integrata con le disposizioni attuative emanate da via Nazionale nel giugno dell’anno successivo. Per un po’ di tempo è rimasto vuoto, poi dall’anno scorso ha cominciato a popolarsi.
Come si può verificare sul sito web di Bankitalia, a oggi gli operatori iscritti sono una decina e comprendono anche alcune Mag-Mutue auto gestione ( iscritte come ‘ operatori di microcredito e di finanza mutualistica e solidale’), le organizzazioni che a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 furono pioniere nell’introdurre in Italia un certo modo, sociale, inclusivo, etico, di intendere la finanza e il credito.
Il gruppo è numericamente piccolo ma già rappresenta tutto il Paese, con operatori che provengono da Ancona, Ascoli Piceno, Cagliari, Firenze, Milano (dove sono due), Reggio Emilia, Roma, Siena. Una prova del fatto che il microcredito ha ormai messo radici, sebbene con intensità e accenti differenti, su tutto il territorio.
A bruciare tutti sul tempo, registrandosi a maggio 2016 come primo operatore di microcredito in Italia, è stata però Mecc-Microcredito per l’economia civile e di comunione, cooperativa costituita nel 2015 a Messina ma con una sede operativa anche a Loppiano, la cittadella del Movimento dei Focolari a Figline e Incisa Valdarno (Firenze). Specializzata nel microcredito alle imprese (prestiti fino a 25mila euro, non assistiti da garanzie reali, per l’avvio di iniziative microimprenditoriali e l’autoimpiego), la Mecc ha come finalità la promozione dell’economia civile sui territori di riferimento delle reti etiche italiane, a partire da quelle siciliane e toscane: «Significa – spiega Steni Di Piazza, presidente della Mecc – promuovere nuove imprese di economia civile e di comunione, occupazione durevole sui territori di riferimento, l’inclusione sociale ed economica e il rafforzamento delle reti dell’economia sociale e solidale».
La Mecc, che ha come principali soci la Fondazione di Comunità di Messina ed Economia di Comunione, si è dotata di un Comitato Etico-Scientifico, con presidente Francesco Marsico (responsabile Area nazionale in Caritas Italiana) e vicepresidente il professor Luigino Bruni. Tra ottobre e novembre ha effettuato il primo percorso di formazione-tutoraggio per i potenziali beneficiari. E a inizio 2017, riuscendo anche a tenere i tassi d’interesse a livelli contenuti grazie ad esempio all’apporto di lavoro volontario, ha cominciato a erogare i primi finanziamenti, a una decina di piccole imprese siciliane: «Nel rispetto delle regole della finanza etica – tiene a puntualizzare Di Piazza – sul nostro sito web abbiamo inserito il nominativo delle piccole imprese che hanno ottenuto i finanziamenti».
La crescita di ‘società 111’ quali la Mecc – così vengono a volte indicati gli operatori di microcredito in quanto il citato decreto 176/2014 del Mef ha attuato l’articolo 111 del TUB-Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, D.Lgs. 385/1993 – è uno degli elementi su cui si è puntato per sviluppare il microcredito in Italia. Facendo anche leva sul fatto che i microcrediti erogati sono garantiti all’80% dal fondo di garanzia del ministero per lo Sviluppo economico.
Ma per fare ancora di più, si potrebbe agire anche su altri fronti: «Una spinta importante – suggerisce ad esempio Di Piazza – potrebbe arrivare se noi operatori fossimo messi in condizione di interloquire direttamente con la Cassa Depositi e Prestiti, ottenendo risorse finanziare a tassi molto bassi da impiegare poi in progetti a favore dei non bancabili. Magari anche con logiche premianti per chi opera in un’ottica di bene comune».